domenica 6 dicembre 2020

Clima impazzito e auto "termosifoni", nel libro "Terra Bruciata" di Liberti

No, non siamo lontani dalla crisi climatica, e questa non colpirà solo i nostri nipoti. Ci siamo già dentro. E non colpirà solo l'altra parte del mondo, ma sta già colpendo la nostra fragile penisola che si affaccia sul mare. 


In questi giorni di inondazioni ed eventi estremi, con l'annuncio che dal 2010 a fine ottobre 2020 in Italia 946 fenomeni meteorologici estremi hanno colpito 507 Comuni (Osservatorio Cittàclima), il libro del giornalista Stefano Liberti è sempre più attuale: Terra Bruciata, ed. Rizzoli. 

L'ho appena finito di leggere:  un viaggio nell'Italia, hotspot del disastro climatico già in atto.

Liberti viaggia, descrive, intervista, emoziona, incontra le vittime del cambiamento climatico. Dal mare alto a Venezia, ai ghiacciai che inesorabilmente si sciolgono nelle Alpi, dal consumo di suolo spaventoso sotto colate di cemento, alla siccità che si espande in Sicilia, dall'acqua salata che si infiltra per l'innalzamento del mare e per lo sprofondamento delle terre nel Delta del Po, fino  ai venti catastrofici come Vaia, dalle invasioni di cimici asiatiche che distruggono i raccolti, all'invasione delle specie aliene, dalla moria di api e insetti alla drammatica perdita di biodiversità..Un viaggio nel dolore, nello sconforto, nel disperato stupore di trovarsi "di fronte a un processo generale di rimozione, di amnesia collettiva" Ma anche un viaggio tra sacche di resistenza e resilienza, tra vignaioli, agricoltori, montanari, cittadini, studiosi, esperti, climatologi coraggiosi. Che dicono le cose come stanno e cercano di cambiare, resistere, mitigare, adattarsi.

Bolle di calore e inondazioni che colpiscono soprattutto le città, in quanto troppo cementificate. E allora che fare? Scappare tutti in montagna? Anche le montagne sono interessate dal cambiamento climatico, ricordiamo la stoica lotta di Giorgio Elter coltivatore di erbe spontanee a Cogne, che ha citato in giudizio l'UE per inadeguatezza di azioni rispetto al cambiamento climatico. "Ormai è difficilissimo coltivare fragole e lamponi a queste quote, come abbiamo sempre fatto. Fa troppo caldo. Il clima è impazzito, o meglio lo abbiamo fatto impazzire."


Inoltre non tutti potranno "scappare in montagna": "Si rischia una gentrificazione climatica, chi ha le possibilità finanziarie andrà a vivere in luoghi meno esposti, o si doterà di strumenti di adattamento come i climatizzatori, chi è povero si beccherà gli effetti delle isole di calore, delle piogge alluvionali, dei venti" scrive Liberti.

Un criterio di riduzione di impatto climatico, prevede proprio creare nuove aree verdi in città, oltre al verde verticale, tetti verdi e alla riduzione delle emissioni degli edifici. "Altro nodo centrale" scrive Liberti" è quello della mobilità, che va ripensata nell'ottica di rendere l'automobile privata un elemento estraneo al panorama urbano".


 

L'intervista a Piero Pelizzaro, Chief Resilience Officer della città di Milano, nell'ultimo capitolo, è emblematica: "Tutte queste macchina sono insostenibili. Da economista io dico: chi compra un'auto oggi fa un pessimo investimento, anche perché nella maggior parte dei casi questa rimane feerma per l'80-90 % del tempo. E produce calore" 

Un calore spaventoso: "Abbiamo verificato che in alcune aree delle città un muro arrivava a 35 gradi, l'asfalto a 50 gradi, e addirittura 70 o 75 gradi sulle auto parcheggiate. L'asfalto nero trattiene i raggi solari e fa aumentare la temperatura, così come le auto ferme sono veri e propri termosifoni di ferro. 

Ridurre il numero delle auto in città (anche quelle parcheggiate) è quindi un imperativo. 

3 commenti:

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